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Origini dell'Aikido

 - Aikido Nippon Club Novara

 Tutte le tecniche dell’Aikido devono esser collegate ai principi universali.

Le tecniche che non sono collegate a tali principi si ritorceranno contro di voi,

facendo a pezzi il vostro corpo.

Nell’Aikido, il cambiamento è l’essenza della tecnica.

Non vi sono forme nell’ Aikido.

Poiché non vi sono forme, l’Aikido è lo studio dello spirito.

Non rimanete coinvolti nelle forme; se lo fate, perderete tutte le sottili distinzioni che funzionano nelle tecniche.

Nell’Aikido, l’acume spirituale viene per primo, seguito dalla trasformazione del cuore.

Una vera tecnica si basa su veri pensieri. Utilizzate il vostro corpo per manifestare lo spirito in forma fisica.

Morihei Ueshiba


Origine e nascita dell’Aikido

 

Il termine ufficiale di Aikido risale al febbraio del 1942.
Nonostante l’arte venisse prima conosciuta con vari nomi, la sostanza rimane sempre costante. 

Il padre del maestro Ueshiba era un proprietario terriero relativamente agiato. 

Il giovane Ueshiba nutriva una grande reverenza verso il padre e questi, scorgendo nel figlio un grande potenziale, gli fornì il massimo appoggio materiale e morale per permettergli di seguire le sue aspirazioni. 

Il figlio dal canto suo non voleva essere da meno delle aspettative paterne e nel 1901, all’età di 18 anni, si trasferì a Tokyo, dove ebbe un breve apprendistato nel mondo degli affari. 

L’anno seguente aprì un magazzino, ma si ammalò e la sua piccola ditta fallì. 

Non molto tempo dopo si arruolò nell’esercito imperiale e prese parte alla guerra Russo – Giapponese. 

Raggiunse il grado di sergente ed ebbe un onorevole congedo. 

Nel 1912 reclutò 54 capifamiglia della sua città natale con oltre 80 persone al seguito e fondò una nuova colonia nell’Hokkaido. 

La regione era allora un’area appena aperta allo sviluppo ed erano ben venuti i coloni che volessero lavorare la terra. 

Per sette anni, come capo di questa nuova colonia, coltivò la terra. 

Sebbene avesse manifestato un certo talento di leader, sentì però di non aver realizzato le grandi aspettative che suo padre riponeva in lui. 

La morte del padre fu un grande chock. 

Abbandonando tutto ciò che aveva intrapreso in Hokkaido, ritornò a casa in preda ad un profondo abbattimento psicologico. 

Si rifugiò allora sotto la guida di Deguchi Onisaburo il capo carismatico della setta Omoto, derivata dallo Shinto.

Sotto la guida del suo grande maestro visse al quatier generale Omoto in Ayabe per otto anni, i quali furono decisi nello sviluppo spirituale del Fondatore. 

Dopo la morte del padre, durante la sua permanenza ad Ayabe, la dedizione del Fondatore al Budo era divenuta un’idea fissa, principalmente per l’incoraggiamento di Deguchi. 

Prima di questo periodo egli aveva praticato e padroneggiato diverse arti marziali, tra cui la scherma della scuola di Shinkage, e ju-jitsu delle scuole Kito e Daito e altre ancora. 

Il più notevole di questi perfezionamenti ebbe luogo presso la scuola di Daito del maestro Takeda Sokaku, dal quale ricevette il diploma del massimo grado. 

Fu questo tipo di ju jutsu che aprì gli occhi del Fondatore al più profondo significato delle arti marziali; i principi del Daito differiscono dall’Aikido, ma molte tecniche sono condivise tra le due arti. 

Il motivo per cui Deghuchi incoraggiò la sua dedizione alle arti marziali fu la conoscenza del ricco e vasto retroterra del Fondatore nel Budo ed il presentimento che sarebbe stato questo il cammino più adatto al suo temperamento, alla sua abilità ed alle sue aspirazioni. 

Egli autorizzò il Fondatore a dividere una parte della sua casa di Ayabe per adibirla a Dojo. Ricevendo con la massima serietà questo sprone, il Fondatore aprì il modesto Ueshiba Juku, di 18 tatami. 

Il Ueshiba Juku era originariamente riservato ai giovani della setta Omoto, ma il nome di Ueshiba, cominciò ad essere ben conosciuto e iniziarono a venire al Dojo dei forestieri e soprattutto degli ufficiali di marina. 

La sua fama si allargò ed iniziarono ad arrivare studenti da Tokyo e da altre lontane parti del Giappone. 

Intorno al 1920, il M° Ueshiba cominciò a pensare seriamente di fondare un suo stile indipendente di Budo e nel 1922 egli chiamo il nuovo stile Aikibujutsu. 

Come il termine suggerisce, racchiudeva i principi e le tecniche delle antiche arti marziali, che sono alquanto differenti dall’Aikido d’oggi. 

Ma la sua originalità già traspare dall’uso di Aiki come termine specifico. 

Ci sono vari riferimenti sparsi nelle varie tradizioni di Budo all’idea di “armonizzare” (ai) il Ki con l’avversario in combattimento. 

Ma fu questa la prima volta che venne usato il termine composto. Possiamo anche incontrare il termine nell’aikijutsu, ma con una connotazione più che altro psicologica, senza una parte essenziale nella parte della tecnica di queste arti marziali.

 

La fama del M° Ueshiba continuava ad espandersi nel paese.
Una svolta cruciale nel 1924/25, quando partecipò ad una spedizione nella mongolia interna (dove presumibilmente venne a contatto con arti marziali delposto), e, subito dopo il suo ritorno, sfidato da un giovane ufficiale di Ayabe, provò il sumikiri, la chiarezza della mente e del corpo, che realizzava l’unione del Ki dell’universo e del Ki della persona.
Aveva allora di poco superato i 40 anni.

Possiamo dire allora che quegli anni segnano l’inizio dello sviluppo spirituale dell’Aikido, poiché fu da questo punto che il M° Ueshiba costantemente ammonì che “il vero Budo è la via della grande armonia e l’amore per tutte le cose” e che ogni movimento è la risultante dell’unità energia-mente-corpo.

Nell’autunno del ’25 andò a Tokyo per fare una dimostrazione dinanzi ad un pubblico selezionato e ottenne un grande plauso, tanto che fu invitato a corte a tenere ripetuti stage per gli alti gradi di judo e gli esperti di kendo ed a ufficiali dell’esercito. 

Insegno anche ad importanti esponenti della politica e dell’economia. Nel ’27 si stabili a Tokyo.

Nei tre anni successivi aprì vari Dojo, nei quali insegno a vari esperti di altre discipline e fu questo il riconoscimento di qualcosa di più delle arti marziali tradizionali. Nel 1930 J. Kano, fondatore del judo, ammirò la superba arte del M° Ueshiba e proclamò che quella era il Budo ideale e gli inviò tra i suoi migliori allievi ad apprenderlo. 

Nel 1936 il Fondatore decise che i tempi erano maturi per tracciare una distinzione tra le vecchie arti marziali e la sua, a ragione dell’enfasi filosofica e spirituale che aveva posto a fondamento della propria arte. 

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale, una delle decisioni governative per tentare di mobilitare il paese nello sforzo bellico fu di unificare i diversi gruppi di arti marziali in un singolo organismo sotto controllo statale. 

Sebbene il Fondatore non sollevasse obiezioni alle direttive governative, era lampante la sua estrema insoddisfazione, poiché il Budo che egli aveva sviluppato era distinto dalle altre scuole era costretto a mischiarsi ad esse. 

Opponendosi duramente a questa mescolanza, come soltanto un ennesimo stile di lotta, cominciò a pensare che il nome di Kobukan Aikido Budo, suggerisse semplicemente l’idea della scuola o stile Kobukan di una qualche arte maggiore. 

Decise allora di adottare il nuovo nome di Aiki-Do per identificare quest’arte come una forma unica e caratteristica di Budo. Per apprezzare a pieno l’importanza della svolta e capirne alcune delle ragioni, compresi i mutamenti nel pensiero del fondatore dobbiamo volgere l’attenzione all’istituzione del tempio Aiki a Iwama. 

L’idea di fondare un centro spirituale dell’Aikido germogliò sin dal 1935. Era nata nella profonda esigenza di una continua ricerca della verità universale attraverso il budo; si mise quindi alla ricerca di un posto speciale da dedicare a questo scopo. Dopo aver stabilito delle salde basi per l’Aikido in Tokyo, il suo puro desiderio di allargare il vero budo nel mondo cominciava ad essere esaudito, ed era molto soddisfatto dei successi raggiunti. 

Nello stesso tempo rimpiangeva la sua solitudine. Il Fondatore mostrava completa indifferenza verso gli oggetti del desiderio umano: posizione sociale, onori e consensi, ricchezza e conforti materiali. 

La sua sola preoccupazione era la cura dello spirito attraverso il budo. 

Nel 1935 con i suoi piccoli risparmi acquistò dei terreni boscosi in campagna vicino Iwama e stabilì di coltivare la terra e rinnovare la ricerca di un budo spirituale. 

Ma il desiderio di ritornare a coltivare la terra non si sarebbe realizzato facilmente, poiché la sua fama gli procurava costantemente inviti e fitti impegni. 

Il Fondatore era un patriota, credeva che tutti dovessero essere lieti di sacrificare la vita per la loro terra e scelse di non protestare per la politica di guerra. 

Ma era contrario alla decisione governativa di unire tutte le forme di budo, direttiva che per lui aveva poco a che fare con l’amore per la patria ed era forviante alla vera ricerca del budo. 

Delegò a suoi allievi di seguire gli aspetti politici e burocratici e con sua moglie si ritirò ad Iwama per seguire appieno il sogno a lungo accarezzato, di unire la vita di campagna e l’arte marziale. 

I visitatori erano interdetti della povertà in cui viveva, ma lo spirito del fondatore era alto. 

Con Iwama egli aveva tre ideali: il primo era fondare un tempio dell’Aikido simboleggiante la via, lo spirito; il secondo era costruire un Dojo immerso nello spirito della natura; il terzo era unire agricoltura e arte marziale.

 

La vita del M° UESHIBA

La regione dove sorge Tanabe era anticamente chiamata regione del Ki, ed attraverso i secoli fu continuamente frequentata da mistici, asceti ed eremiti che vivevano sovente negli anfratti naturali delle montagne di Kumano. 

A Tanabe, il 14 dicembre del 1883, nacque Ueshiba Morihei. Fin dall'infanzia inizió lo studio dei classici cinesi sotto la guida di un prete della setta shingon, Fujimoto Mitsujo, mentre apprendeva direttamente dalla viva voce della madre le leggende del monte Kumano. 

Pur discendente da una famiglia di gente vigorosa, la sua costituzione era fragile e tale rimase nel corso di tutta la sua vita, ma una forza di volontà indomabile e un'applicazione costante gli permisero di superare ogni ostacolo. Per contrastare la sua fragilità e le sue tendenze mistiche, il padre lo inizió all'arte del sumo e lo incoraggió a praticare altre arti marziali. 

Dotato di prodigiosa memoria e di grande facilità di calcolo, studió da contabile e si trasferí a Tokyo nel 1902 dove approfondí lo studio delle arti marziali, probabilmente impressionato dall'aggressione che suo padre dovette subire ad opera di un gruppo di briganti. 

Praticó il jujutsu delle scuole Tenshin Shin'yo e Yagyu-ryu e probabilmente la scuola di spada Shingake- ryu. 

Ma una grave malattia lo obbligó a tornare a Tanabe, dove si sposó con Hatsu Itokawa. 

Nel 1903 era stato riformato dalla leva militare a causa della statura insufficiente, per un solo centimetro (misurava 1,56). Deciso a non rassegnarsi, si fece sospendere a degli alberi con grossi pesi alle caviglie, in modo da allungare la colonna vertebrale. 

Venne accettato ad una seconda visita e partecipó alla guerra con la Russia, da cui tornó con il grado di sergente ed una fama di grande abilità nel maneggio della baionetta (jukendo). Si era guadagnato anche il nomignolo di tetsujin, uomo di ferro, e pesava oltre 80 chili; aveva seguito mentre era distaccato a Nakay gli insegnamenti di Yagyu Ryu del maestro Masakatsu Nakai, che continuó a frequentare anche negli anni seguenti (aveva ricevuto nel 1908 il diploma di insegnante). 

Dopo il suo ritorno a casa il granaio della casa paterna venne trasformato in dojo, e fu lí che Ueshiba seguí gli insegnamenti del maestro di judo Kiyoichi Takagi e quelli del politico Kumakusu Minakata, del quale condivise l'opposizione al degrado ecologico e morale della regione in nome del progresso. 

Rendendosi conto che la situazione della regione era in ogni caso degradata, trattandosi di una zona montagnosa materialmente povera che viveva dei soli proventi della pesca artigianale,e non autorizzava grandi prospettive, aderí all'appello del governo giapponese per colonizzare l'isola di Hokkaido. 

Si trasferí nel 1912 nel villaggio di Shirataki in Hokkaido profondendo tutte le sue energie fisiche e morali nello sviluppo della colonia, soprattutto dopo un incendio che nel 1916 aveva distrutto quasi completamente il villaggio. Organizzava tornei di sumo e jukendo per tenere alto il morale, praticava esercizi di purificazione nelle acque gelide dei torrenti, e trovava anche il tempo di lottare contro i briganti che infestavano la zona. 

Fu ad Hokkaido che fece conoscenza col maestro Takeda Sokaku, della scuola Daito-Ryu, anche lui stabilitosi sull'isola. Fu indubbiamente l'esperienza che lo segnó maggiormente dal punto di vista tecnico. 

Seguí intensamente gli insegnamenti di Takeda, lo accompagnó spesso nei suoi viaggi e lo ospitó nella sua dimora. Ma sul finire del 1919 una grave malattia del padre costrinse Ueshiba a lasciare l'Hokkaido, in cui non avrebbe piú rimesso piede. 

Ad Ayabe conobbe il mistico Onisaburo Deguchi, che destó in lui un'impressione incancellabile. 

Durante una sessione di preghiera, l'ombra di suo padre apparve a Ueshiba, che ne rimase scosso. 

Deguchi si diresse verso di lui chiedendogli cosa avesse. Ueshiba rispose che era preoccupato per suo padre, e Deguchi gli rispose semplicemente "Tuo padre sta bene. Lascialo partire.". 

Il padre morí prima che Ueshiba facesse ritorno a Tanabe, lasciandoli un messaggio postumo: "Sii libero, vivi come vuoi realmente". 

Profondamente prostrato, Ueshiba partí con la sua spada in direzione delle montagne, dove per giorni interi si aggiró come una furia, combattendo contro le ombre. 

Al suo ritorno decise di abbandonare la casa paterna per trasferirsi nella comunità Omoto-kyo di Ayabe, dove aprí un dojo divenendo definitivamente, all'età di 36 anni, un maestro di arti marziali. 

Durante il primo terribile anno Ueshiba perse per malattia i suoi due figli maschi e Deguchi venne arrestato dal governo per attività sovversiva. 

Nel 1921 la nascita di un nuovo figlio, Kisshomaru Ueshiba, diede il segnale di una svolta verso tempi migliori. 

Ueshiba condivise da allora per diversi anni gli ideali e le avventure di Deguchi, compreso l'idealistico quanto irrealistico tentativo di fondare in Manciuria una nuova comunità universale. 

Fu in questo dojo di Ayabe che ebbe una esperienza unica che marcó la sua vita, e che pose termine alla sua ricerca.

O-Sensei con il figlio Kissomaru e il M° Tohei.

Nella eclettica formazione marziale e spirituale di Ueshiba Morihei, due figure spiccano al di sopra di tutte le altre: il maestro della scuola daito-ryu Takeda Sokaku, ed il mistico Deguchi Onisaburo, co-fondatore e capo carismatico della setta Omoto-Kyo. 

Il primo incontro tra il Fondatore ed il maestro Takeda avvenne probabilmente al 1915, e fino al 1922 ci fu un periodo di intensa frequentazione e di trasmissione dell'arte; risale a circa 3 anni dopo il momento in cui il Fondatore ebbe chiara per la prima volta la sua missione di fondare una arte completamente nuova. 

I rapporti tra Takeda e Ueshiba erano oramai radi anche in seguito alla lontananza: Takeda rimase fino al 1930 in Hokkaido, regione che Ueshiba aveva abbandonato per sempre nel 1919 per ritornare al letto del padre morente. 

In questa occasione, durante il viaggio di ritorno, avvenne il suo incontro con Deguchi Onisaburo, nel dicembre 1919.

Sappiamo che Deguchi non giudicava positivamente l'influsso di Takeda sopra il Fondatore, ma sappiamo anche che la decisione di dedicarsi esclusivamente alle arti marziali abbandonando la comunità, fu approvata e forse infine incoraggiata da Deguchi stesso.

La biografia di Takeda Sokaku è pubblicata dalla organizzazione Daito-Ryu (http://www.daito-ryu.org). La biografia di Deguchi Onisaburo è pubblicata dalla Omoto-Kyo (http://www.oomoto.or.jp/). È il 1925. 

È passato circa un anno dalla avventura in Mongolia. Onisaburo Deguchi, accompagnato dalla sua guardia del corpo Ueshiba Morihei e da pochi altri compagni, andava alla ricerca di una nuova terra promessa in cui intendeva fondare il regno del Cielo nella Terra. 

Ben presto arrestati dalle truppe cinesi, condannati a morte e condotti in catene sul luogo dell'esecuzione, Deguchi e i suoi vennero misteriosamente risparmiati ed in seguito graziati ed espulsi grazie all'intervento del console giapponese, ritornando incolumi ad Ayabe. 

Durante la drammatica esperienza, Ueshiba aveva preso coscienza delle sue facoltà.

In particolare aveva scoperto che riusciva a percepire l'intenzione dei nemici sotto forma di una pallottola spirituale che lo colpiva prima ancora che il nemico tirasse il grilletto della sua arma, e che la traiettoria reale delle pallottole gli era visibile in anticipo sotto forma di raggi di luce.

Riprese l'insegnamento nel suo dojo di Ayabe, che ormai da tempo veniva identificato come la fucina di una nuova arte marziale differente da ogni altra, ma ancora definita aikibujutsu. 

Ma era evidente che qualcosa in lui era cambiata, e le domande che si affollavano alla sua mente non potevano trovare una risposta. 

Nella primavera del 1925 un ufficiale di marina venuto a fare la sua conoscenza ebbe un diverbio con lui per futili motivi, piú probabilmente fragili pretesti al loro desiderio di confrontarsi. 

Decisero di battersi, e l'ufficiale impugnó il suo bokken. 

Di nuovo Ueshiba provó la stessa esperienza che aveva avuto in Mongolia: era cosciente dei movimenti e delle intenzioni stesse del suo avversario prima ancora che si materializzassero. 

Fu estremamente facile per lui schivare ogni attacco senza reagire, fino al momento che l'ufficiale cadde a sedere stremato, senza essere nemmeno riuscito a toccarlo una volta. Ueshiba si recó in un giardino lí vicino per rinfrescarsi e scaricare la tensione. 

Asciugandosi il sudore dal viso, fu preso da una sensazione mai provata fino ad allora, incapace di camminare e di sedersi, in preda ormai all'estasi. 

Nel 1925 il capitano della squadra di judo della università Waseda di Tokyo, di nome Nishimura *, si recó ad Ayabe per visitare il centro Omoto-kyo di cui era un simpatizzante; venne invitato da Deguchi a fare la conoscenza di un insegnante locale che si vantava di essere il miglior budoka del Giappone.

Nishimura vedendo Ueshiba pensava di avere già partita vinta: era un ragazzo grande e grosso ed agonisticamente fortissimo, e si trovava di fronte un piccolo uomo maturo dall'aria grassoccia. 

Naturalmente venne ripetutamente proiettato a terra senza aver nemmeno potuto capire cosa gli era successo. 

Ma quello che lo lasció di stucco fu il sorriso cordiale con cui il fondatore attendeva i suoi attacchi. 

Esclamó alla fine: "Un'arte marziale che ti butta a terra con un sorriso!

Magnifico!!!

Nishimura non mancó, una volta tornato a Tokyo, di far conoscere la sua esperienza.

Cominció cosí a spargersi la voce che c'era ad Ayabe uno strano maestro capace di fare magie. 

Nell'autunno del 1925 l'ammiraglio Isamu Takeshita, grande promotore dello sviluppo delle arti marziali, invitó Ueshiba a Tokyo per tenere una dimostrazione della nuova arte di fronte ad un pubblico ristretto e qualificato, presso l'abitazione dell'ex primo ministro Gombei Yamamoto.

L'impressione fu enorme, e Ueshiba venne invitato a trattenersi a Tokyo per tenere al palazzo imperiale di Aoyama un seminario di tre settimane, riservato ad alti gradi ed insegnanti di judo e kendo. 

Ripetutamente invitato a tornare, con la prospettiva di fondare una nuova arte che avrebbe lasciato il segno che gli si schiudeva davanti, tuttavia Ueshiba si trovava di fronte ad un problema che gli avrebbe imposto una scelta.

I circoli ufficiali che pur lo avevano accolto molto favorevolmente e si offrivano di divenire il canale di diffusione della sua arte, non potevano peró approvare il coinvolgimento con un gruppo in contrasto con la linea governativa. 

Ueshiba fu consigliato dallo stesso Deguchi di prendere le distanze dalla Omoto-kyo e di dedicarsi ufficialmente alle arti marziali.

Queste furono le sue parole "Lo scopo della vostra vita è di rivelare al mondo il vero significato del budo". Nel 1927 Ueshiba lasció definitivamente Ayabe, con la benedizione di Deguchi, e si trasferí a Tokyo, dedicandosi nei primi anni a continue visite e ad insegnamenti itineranti in numerosi dojo, appoggiandosi soprattutto ad una sala concessagli dal nobile Shimazu. 

Lo sviluppo dell'aiki-budo fu impressionante, e venne arrestato solo dallo scoppio della guerra, poco dopo il riconoscimento al Kobukan dello statuto di fondazione alle dipendenze del Ministero della Salute Pubblica. 

Ma poco dopo, in seguito all'unificazione di tutte le arti marziali all'interno del Butokukai, sotto stretto controllo governativo, Ueshiba decise di abbandonare ogni carica ufficiale e di ritirarsi nella lontana prefettura di Ibaraki, presso la città di Iwama. 

Era sua intenzione di riprendere un contatto piú ravvicinato con le energie della natura, lontano dalla caotica vita cittadina e dai condizionamenti della guerra. 

Si era nel frattempo iniziato ad usare il nuovo termine: aikido. Al temine della guerra le arti marziali vennero ufficialmente interdette, e solamente nel 1948 venne concessa la ricostituzione della fondazione, che prese allora il nome di Aikikai, ristabilendo la sua sede in Tokyo. 

Negli anni che seguirono il Fondatore proseguí instancabilmente la sua opera di ricerca interiore e di diffusione dell'arte, dividendo il suo tempo tra il dojo di Tokyo, definito come Hombu Dojo, il Tempio dell'Aiki di Iwama e continui viaggi in Giappone ovunque fosse richiesta la sua presenza. 

Rimangono di questa epoca molte testimonianze, sotto forma di film girati in diverse occasioni che ci mostrano il Fondatore in una fase molto diversa da quella che possiamo ricostruire dalle testimonianze d'anteguerra. 

Ovviamente molto meno fisica, molto piú spirituale. 

Già a partire dagli anni 30 il Fondatore si era posto il problema della trasmissione del suo messaggio. 

Essendo ancora un ragazzo il suo unico figlio, su consiglio del Grande Maestro Nakayama Hakudo, fondatore della scuola di spada Muso Shinden Ryu, adottó e prescelse come suo assistente ed erede il promettente kendoka Kyoshi Nakamura. 

Tuttavia alcuni anni dopo Nakakura rinunció, tornando alla pratica del kendo di cui divenne probabilmente il migliore esponente dell'epoca moderna, scomparendo nel gennaio del 2000. 

Poco prima della sua morte, quando gli vennero chieste le ragioni della sua rinuncia, ammise candidamente di essersi reso conto che non avrebbe mai potuto essere all'altezza del Fondatore né divenirne degnamente il successore. 

Nel 1940 il Kobukan venne ufficialmente riconosciuto come Fondazione da parte del governo Giapponese, e vennero quindi gettate le basi per affidare il gravoso compito di diffondere integro il messaggio di O-Sensei ad una organizzazione e non solamente ad una singola persona.

Sfortunatamente la guerra troncó prematuramente questo progetto. I migliori allievi del Kobukan partirono per il fronte e molti non fecero piú ritorno, il Fondatore si ritiró a vivere nell'eremo di Iwama e lo stesso dojo di Wakamatsu venne adibito a rifugio per gli sfollati.

Il giovane figlio del Fondatore, Kisshomaru Ueshiba, aveva peró ormai raggiunto una età in cui poteva iniziare ad assumere le sue responsabilità. 

Era ancora uno studente di liceo quando gli venne affidata la gestione del dojo, assieme a Kisaburo Osawa. 

Fu lui durante gli anni bui a permetter la sopravvivenza del dojo. Nel 1948 venne rivisto lo statuto della fondazione e fu deciso il nuovo nome di Aikikai; allo stesso tempo il Kobukan divenne Hombu Dojo, e vennero riprese in grande stile le attività di insegnamento. 

Da questo periodo iniziarono la loro permanenza all'Hombu Dojo come uchideshi (studenti interni) la maggior parte dei grandi maestri di aikido che conosciamo. 

Nel 1955, ci fu una ennesima importante svolta nel cammino dell'Aikikai: venne organizzata sul terrazzo dei grandi magazzini Nihonbashi in Tokyo la prima manifestazione pubblica di aikido, che duró ben 5 giorni e destó enorme impressione. 

Fino a quel momento il Fondatore si era energicamente opposto ad ogni manifestazione pubblica ed anche i canali di accesso all'aikido erano tenuti strettamente riservati.

Ma i tempi erano definitivamente cambiati, ed il Fondatore ormai riteneva che fossero sufficientemente maturi, e maturo fosse l'aikido, per affrontare una sua diffusione a scala mondiale.

Lo stesso Fondatore intraprese nel 1961 il suo primo viaggio all'estero come insegnante di aikido, recandosi alle Hawaii dove pronunció questo discorso:

Sono venuto alle Hawaii per costruire un "ponte d'argento". fino ad ora sono rimasto in Giappone, a costruire un "ponte d'oro" per unire il Giappone, ma d'ora in avanti desidero costruire un ponte che porti i diversi paesi del mondo ad unirsi attraverso l'armonia e l'amore contenuti nell'aikido.

Penso che l'aiki, al di fuori delle arti marziali, possa unire i popoli del mondo in armonia, nel vero spirito del budo, avvolgendo il mondo in un immutabile amore.

Non ci furono altri viaggi, anche se il Fondatore avrebbe desiderato ardentemente farne almeno uno: in Italia. 

Sembra che arrivó un giorno a mettere sull'allarme i suoi collaboratori, avvertendoli che bisognava partire per andare a visitare la signora Onoda. 

Risiedeva a quei tempi in Italia infatti Haru Onoda, venuta per perfezionare i suoi studi di scultura, che era stata per diverso tempo la segretaria particolare del Fondatore. Fu lei ad introdurre per prima in Italia l'aikido. 

La grande struttura messa in piedi dal fondatore era quasi completa: molti dei suoi migliori allievi, e non ne citiamo alcuno per non correre rischi di omissione, stavano diffondendo il verbo dell'aikido per il mondo. 

Nel 1967 la nuova sede dell'Hombu Dojo veniva inaugurata in Wakamatsu, prendendo il posto del piccolo dojo Kobukan. Nel 1969, alle ore 17 del 26 aprile, il Fondatore terminava la sua parabola terrena. Le sue ceneri riposano a Tanabe, la terra dei suoi avi. 

Trecce dei suoi capelli sono depositate nei luoghi deputati della sua vita: nel cimitero della famiglia Ueshiba ad Ayabe dove riposano i suoi primi figli, presso il Tempio dell'Aiki di Iwama, e presso il santuario di Kumano in quella terra piena di ki che gli ha dato i natali. 

A noi restano la sua opera: l'aikido. 

E i suoi pensieri. Ignoriamo e siamo destinati ad ignorare la sostanza del messaggio trasmesso ad O-Sensei dai suoi mentori. 

Ma c’è di più: non possiamo comprendere appieno l’aikido indagando nel processo di agnizione che lo ha originato, perché sappiamo, e lo sappiamo per certo, che il prodotto finale di questo processo fu qualcosa di profondamente diverso ed innovativo, sia rispetto al Daito Ryu Ju Jutsu di Takeda Sokaku, sia all’Omoto Kyo di Deguchi Onisaburo.

Alcuni provano sgomento al vedere come tanti, e tanto grandi, maestri propongano differenti chiavi di lettura del messaggio di O-Sensei. 

È un timore immotivato: l'aikido è una arte meravigliosa forse proprio per questa sua capacità di adattarsi meravigliosamente ad ogni persona, quali che siano le sue condizioni tecniche, fisiche, mentali e spirituali. 

Esistono quindi tante forme di aikido quanti sono i praticanti; esistono anche, indubbiamente, alcune chiare ed irrinunciabili linee di condotta da seguire nella pratica dell'aikido; spesso alternativa tra di loro, piú spesso complementari. 

Dobbiamo ricercare O- Sensei in noi stessi. Noi, tutti noi, siamo i destinatari ultimi del messaggio di O-Sensei, e dobbiamo farlo nostro attraverso una pratica costante dell’arte che si prolunghi nel corso intero della nostra vita. Abbiamo dunque gli strumenti per lavorare, una guida che ci supporti, ed un luogo deputato per metterci all'opera: il tatami, luogo consacrato all'interno di quel luogo consacrato alla ricerca della via che è il dojo.